Tour de France Femmes 2022, secondo Kathryn Bertine si devono fare ancora tanti passi in avanti: “Dobbiamo parlare anche delle disuguaglianze”

L’avvocatessa Kathryn Bertin plaude alla nascita del Tour de France Femmes 2022, ma avverte che c’è bisogno di più equità. La nascita di una Grand Boucle femminile, infatti, ha entusiasmato tanti, che non vedono l’ora di seguire anche la prova delle ragazze, dopo aver assistito allo scontro di tre settimane tra i grandi del nostro ciclismo. Tanti altri, però, hanno sottolineato come la strada verso la parità di genere nel ciclismo sia ancora lunga. Tra queste persone c’è anche Bertin, che già in passato si era messa espressa su questi argomenti e fu, tra le altre cose, tra le firmatarie della petizione che nel 2014 portò alla nascita della La Course by Le Tour de France.

La donna, intervista da Cyclingnews, ha riconosciuto ad ASO molti meriti: “Prima di tutto è una grande vittoria; finalmente abbiamo un Tour de France Femmes. Dobbiamo celebrare questi otto giorni. Ma dobbiamo anche parlare delle disuguaglianze. […] Credo che ci siano alcune tappe isolate [rispetto alla corsa maschile, ndr] e mi piace, perché sarà interessante per le donne correre su strade che gli uomini non faranno. Avranno nuove strade e, specialmente dalla prospettiva di uno spettatore, loro non vedranno di nuovo la stessa cosa”.

Dopo questi elogi, però, si passa anche alle note di demerito. La prima riguarda la diversa lunghezza in termini di numero di tappe e di chilometraggio della corsa femminile rispetto a quella maschile. Nonostante, infatti, ci siano delle regole UCI che impongono una lunghezza massima per le prove delle donne, l’avvocatessa richiede l’introduzione di tappe di una lunghezza più simile a quelle maschili.

“Gli otto giorni di corsa del Tour femminile, non sono equiparabili ai 21, o 23 giorni, degli uomini. […] Per quanto concordi sul fatto che una corsa più corta è spesso più eccitante di una più lunga, dobbiamo porre attenzione al sessismo sottostante: UCI e ASO sostengono l’idea che le donne non possono completare la stessa distanza degli uomini. […] Non sto dicendo che tutte le corse devono essere di 200 chilometri. Sto dicendo che se una tappa dovesse essere lunga uguale a quelle maschili, sarebbe un bel passo avanti nel mostrare parità“.

Un altro problema spinoso, e molto discusso negli ultimi tempi, è quello della diversa entità dei premi in denaro: “È molto bello avere questa corsa e che ASO ponga attenzione sulle cose grandi, come, per esempio, il fatto che il premio di 250 000 euro sia il più grande del ciclismo femminile – ha sottolineato – Ma rimane un decimo del montepremi della corsa maschile. “.

Infine una riflessione è stata fatta anche sulla questione della copertura televisiva, molto inferiore rispetto alle gare maschili: “Abbiamo già visto alla Parigi – Roubaix che la copertura è iniziata a metà della gara e la fuga era già in corso. […] Se uno sponsor paga per essere visto e ci sono sei ore di diretta per gli uomini, per esempio, e sono due per le donne questo è un disservizio per gli sponsor e un dispiacere per i fans”.

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